Centro San Rocco - Interventi

La vera giovinezza del mondo
Data pubblicazione : 05/12/2015
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Una riflessione a cinquant’anni dalla chiusura del concilio Vaticano II - di don Enrico Brancozzi

«È a voi, giovani e fanciulle del mondo intero, che il Concilio vuole rivolgere il suo ultimo messaggio. Perché siete voi che raccoglierete la fiaccola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che, raccogliendo il meglio dell'esempio e dell'insegnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, formerete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa. […] La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore. Ricca di un lungo passato sempre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza o la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste. Guardatela, e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico dei giovani. Ed è appunto in nome di Cristo che noi vi salutiamo, che noi vi esortiamo, che noi vi benediciamo».

Con queste intense parole, tratte dal messaggio ai giovani, Paolo VI congedava i padri giunti a Roma da tutto il mondo e dichiarava chiuso il concilio Vaticano II. Il lascito ecclesiale del concilio – di cui il prossimo 8 dicembre ricorrono i cinquant’anni dalla chiusura – obbliga la comunità credente nel suo insieme ad uno sguardo ampio, come per apprezzare la rifrazione di un fascio di luce attraverso un prisma.

Il concilio è stato innanzitutto un’occasione in cui i vescovi hanno dialogato reciprocamente ed hanno messo a confronto le loro storie personali, ecclesiali e culturali, scoprendone le differenze e le ricchezze. È questo, probabilmente, il più importante guadagno del Vaticano II: una Chiesa “in atto” che vive la sinodalità prima ancora di teorizzarla, che non teme il faticoso esercizio della comunione, che prova a sostituire con la parresìa e il dialogo il binomio comando/esecuzione, tutto sommato più rassicurante, ma infinitamente più povero. Ricordo una conversazione con mons. Gaetano Michetti, quando era vescovo emerito di Pesaro e si era ritirato nella sua Corridonia, in cui confessava a noi seminaristi che il concilio per lui e per molti vescovi italiani era stata una gran fatica. Disse che si era dovuto rimettere a studiare perché, ammise candidamente, non capiva gli interventi degli altri padri. Si rese conto, da uomo acuto quale era, che lo strumentario culturale appreso negli anni di formazione era inadeguato e obsoleto. Inoltre, ricordava l’imbarazzo della discussione pubblica, aperta, inedita per gli stessi vescovi: «Non si poteva contraddire un cardinale!», disse sottovoce. Improvvisamente tutto questo diventava non solo possibile, ma anche doveroso.

Da questo clima scaturiscono le acquisizioni fondamentali dell’assise vaticana: il recupero della Sacra Scrittura come fonte irrinunciabile e primaria di ogni atto di fede; la revisione della liturgia come fonte e culmine della vita cristiana; il mistero pasquale come chiave di volta della rivelazione cristiana; il ripensamento in senso sacramentale e misterico della Chiesa; la sua strutturazione circolare e non piramidale; la sua vita «nel» mondo contemporaneo, di cui condivide gioie e speranze; un nuovo rapporto tra i cattolici e gli altri cristiani, come pure tra la Chiesa e le altre religioni; un cammino di riconciliazione con gli ebrei, riconosciuti come il popolo di un’alleanza mai revocata; l’affermazione solenne della libertà religiosa in Dignitatis humanae.

Oggi la patina della storia si è depositata su molti documenti conciliari, rendendoli non più attuali. Altri, invece, conservano inalterata la loro spinta profetica e risultano recepiti in maniera ancora troppo debole. Il discernimento del tempo presente è la consegna più preziosa e più affascinante a cui sono chiamati i cristiani di questa epoca storica.

 

 

Enrico Brancozzi

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