Centro San Rocco - Interventi

Nel segno della misericordia
Data pubblicazione : 01/10/2015
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Una rilettura della Lettera Pastorale dell'Arcivescovo nella prospettiva dell'imminente Anno giubilare - di don Giordano Trapasso

Riguardo la lettera pastorale dell’Arcivescovo e l’Anno pastorale che si apre nel segno del Giubileo straordinario della misericordia vorrei sottolineare tre aspetti.

Scrive il card. Kasper, commentando l’agire di Dio secondo il primo testamento: “Perciò la misericordia di Dio è la sua potenza che mantiene, protegge, favorisce la vita, che la crea e la edifica nuovamente” (Misericordia. Concetto fondamentale del Vangelo. Chiave della vita cristiana, Queriniana, Brescia 2015, p. 88). Addirittura S. Tommaso identificherà l’onnipotenza di Dio con la misericordia: non tanto il potere di sovvertire le leggi naturali per il bene dell’uomo quanto il servizio continuo alla vita, fino alla fine. Il Dio della vita non vuole la morte del peccatore, ma che egli viva: l’onnipotenza consiste nel liberare dal peccato, portatore di morte, e far rifiorire la vita nel cuore della persona. Il nostro Arcivescovo nella parte iniziale della sua lettera pastorale ricorda la continuità di questo Giubileo straordinario della misericordia con i tre anni che come Chiesa locale abbiamo vissuto con e per le famiglie: “Famiglia porta della fede”, “Famiglia alzati e va’”, “Famiglia cuore e metodo della pastorale”. La famiglia non è forse il primo contesto in cui si mantiene, protegge e favorisce la vita? Se la misericordia è il riflesso della vita trinitaria, la famiglia non è la prima comunità in cui si rispecchia il mistero del Dio unitrino?

Scrive D. Bonhoeffer: “Nessuna miseria è troppo profonda, nessun peccato troppo terribile, perché non vi si applichi misericordia. Il misericordioso fa dono del proprio onore a chi è caduto nell’ignominia e se ne fa carico” (Sequela, Queriniana, Brescia 2008, p. 104). L’intento di Papa Francesco, a livello di Chiesa universale, e del nostro Arcivescovo, a livello di Chiesa locale, è di non moltiplicare eventi straordinari, ma di rendere la misericordia, proprietà fondamentale del Dio di Gesù Cristo, uno stile ordinario nella vita delle nostre comunità cristiane. Questo è possibile se tutti compiamo le tre tappe del pellegrinaggio che il Papa ci indica: non condannare, perdonare, dare. Solo alla fine la misericordia diventa stile: il non condannare ci permette di non cedere al potere del peccato che è quello di togliere la dignità al peccatore, il perdonare è la conversione dello sguardo rivolto a lui, il dare è il riconoscimento della sua dignità e la rinnovata fiducia in lui. Se la famiglia diventa realmente il cuore e il metodo dell’agire pastorale della comunità cristiana, il profumo delle parole che gli sposi si scambiano nel sacramento “prometto di amarti e onorarti” si estenderà alla vita delle nostre comunità cristiane e delle nostre città. Queste parole si possono compiere solo nella misericordia, che non giunge solo quando c’è l’errore e dunque si pone la necessità di perdonare, ma è all’origine di ogni dono, vocazione e ministero, e li sostiene quotidianamente. Questo è anche il potere legato alle opere di misericordia corporale e spirituale: riconoscere e donare dignità.

Infine la misericordia può fiorire solo nel terreno di una Chiesa comunione: più che opportuna è la sottolineatura della diocesanità da parte del nostro Arcivescovo. Il tempo della parrocchia autoreferenziale e centrata su di sé è terminato, come anche di ogni realtà che vive di per se stessa. Questo anno può essere un tempo favorevole per riscoprirci tutti membra di uno stesso corpo. 

 

Don Giordano TRAPASSO

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