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Notizie dalla Chiesa

Aggiornamento sulla crisi in Nord Africa

Crisi in Nord AfricaQuarto report da Caritas Italiana

CRISI NORD AFRICA REPORT N.4 del 10 marzo 2011

 

 

A LIVELLO NAZIONALE E DIOCESANO

 

Sviluppi e prospettive

Durante gli ultimi giorni sono ripresi con una certa intensità gli sbarchi a Lampedusa e a Linosa dopo una settimana di sostanziale fermo dovuto alle cattive condizioni meteo marine. Tra la sera di domenica 6 e la mattina di lunedì 7 marzo sono sbarcate oltre 1000 persone provenienti dalla Tunisia e partite soprattutto dal sud del Paese, in particolare dal Porto di Zarzis.

Il flusso è continuato anche nei giorni seguenti riportando i numeri del centro di accoglienza di contrada Imbriacola a circa 1.600 persone (contro una capienza ordinaria di 800 persone). Inoltre il Centro di accoglienza non gode più della prerogativa di Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) in quanto i cancelli sono stati chiusi e gli ospiti non possono più uscire.

Nel frattempo, l’8 marzo, è stata aperta ufficialmente la base di Mineo dove saranno trasferiti 2000 richiedenti asilo presenti attualmente nei Cara, secondo quanto appreso dal Commissario straordinario per l’emergenza immigrati. L’apertura non ha coinciso con l’inizio delle attività del Centro in quanto si sta predisponendo il necessario per l’ordinaria funzionalità dello stesso.

Peraltro si è in attesa di conoscere le modalità del trasferimento, i soggetti coinvolti, la tipologia di accoglienza, le prospettive per i Cara sparsi sul territorio e dei progetti di tutela ed integrazione oggi attivi al loro interno.

 

La Chiesa e la Caritas in Italia

Caritas Italiana ha terminato il censimento delle strutture che le Caritas diocesane hanno messo a disposizione per far fronte ad un eventuale afflusso straordinario di migranti.

Ad oggi sono stati individuati poco più di 2.400 posti in 93 diocesi. Il loro effettivo utilizzo dovrà essere concordato nei modi e nei tempi con il Ministero dell’Interno.

Intanto il governo italiano è riuscito ad evacuare 58 eritrei richiedenti asilo, soprattutto famiglie con molti bambini, che erano bloccate a Tripoli e assistite da Caritas Libia. La sera dell’8 marzo hanno raggiunto il Cara di Sant’Anna, a Crotone.

Da segnalare inoltre che la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, condividendo l’apprensione del Santo Padre Benedetto XVI per le “tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi paesi dell’Africa e dell’Asia”, invita per il 13 marzo, I domenica di Quaresima, tutte le comunità parrocchiali, le comunità religiose, le associazioni, i gruppi e i movimenti ecclesiali ad un particolare ricordo nella preghiera, implorando per le vittime della violenza la misericordia di Dio e per tutti la riconciliazione, la giustizia e la pace.

 

A LIVELLO INTERNAZIONALE

La situazione sul fronte internazionale è particolarmente incerta e l’evolversi degli eventi libici condizionerà molto anche le dinamiche dei flussi migratori verso il nostro Paese. Oltre al contatto periodico con i colleghi dei Paesi coinvolti nella crisi Caritas Italiana è anche in stretto collegamento con Caritas Internationalis che ha organizzato due missioni di monitoraggio, rispettivamente al confine libico-tunisino e a quello libico egiziano, per verificare la situazione dei profughi affluiti in numeri consistenti negli ultimi 10 giorni.

In particolare:

sul confine egiziano, nella località di Salloum la situazione è complicata non tanto per i lavoratori egiziani che rientrano in patria, ma per le migliaia di altre nazionalità, circa 5.000, che aspettano un documento, essendo stati privati dei passaporti in Libia al momento della partenza. Le autorità e l’esercito egiziano assicurano il grosso della logistica, ma i viveri sono insufficienti, come le latrine e le coperte per passare la notte. L’afflusso è continuo e cominciano ad arrivare anche famiglie libiche, dalle zone di conflitto più intenso. Qui la rete Caritas prevede di distribuire razioni di cibo per almeno 15 giorni;
sul confine tunisino, la situazione è analoga, per i lavoratori che arrivano alla frontiera, soprattutto asiatici o africani. Molte Ong sono pronte ad accogliere un eventuale flusso di libici. Per ora la rete Caritas organizza insieme a loro e alle autorità la distribuzione di viveri, in gran parte forniti dalla popolazione locale.
Inoltre Caritas Italiana partecipa al Policy and Legal Task Team, un gruppo di lavoro internazionale per supportare coloro che operano sul campo. Dopo un primo incontro in teleconferenza della scorsa settimana nel quale si è fatto il punto della situazione, si sono avuti aggiornamenti circa la situazione in Libia e in Niger, Paese verso il quale stanno rientrando molti immigrati provenienti dall’Africa Sub sahariana

 

LA VOCE DELLA CHIESA IN LIBIA

«Il popolo libico non merita altra violenza» dice S.E.Mons. Giovanni Martinelli, Vescovo di Tripoli. «La comunità internazionale deve usare tutti i mezzi pacifici per facilitare una transizione senza nuove vittime».

Per ora si vive sulle riserve. A Bengasi vi è ancora una certa disponibilità. Il vescovo di Bengasi, Sylvester Carmel Magro, raggiunto telefonicamente, non può però assicurare che si possa a breve raggiungere Tripoli. Gli scontri infatti avvengono nel territorio fra queste due città.

Dall’aeroporto di Tripoli, che rimane aperto. partono continuamente aerei che trasportano lavoratori stranieri nella loro patria di origine (egiziani, nigeriani, sudanesi…). Cominciano ad apparire code per il pane, anche perché molti panettieri, di nazionalità egiziana, sono partiti. Molti negozi sono chiusi, ma non tutti. Vi è l’ammirevole esempio del personale sanitario, in particolare filippino, che ha deciso di restare per aiutare la popolazione. Questo atteggiamento è condiviso dalle religiose presenti nel Paese, circa 40, tutte impegnate, e da molti anni, come assistenti/infermiere negli ospedali e nelle istituzioni per disabili e per persone anziane. Anche i sacerdoti sono tutti rimasti sul posto.

A Bengasi continua l’assistenza ai rifugiati eritrei, come pure di altre nazionalità; ora sono circa 2.500, a cui si stanno aggiungendo da oggi etiopi e somali. Rimane pressante l’appello per dare una patria a queste persone. Sono ancora attivi a Sebha, nel sud, in pieno deserto libico, ben cinque posti di accoglienza per gli africani di passaggio. Gli scenari possibili dipendono da una eventuale tregua e dalla conseguente disponibilità di viveri e di materiale sanitario.
 

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