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In occasione della costituzione dello sportello diocesano per gli abusi ai minori e adulti vulnerabili, l’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali ha intervistato don Enrico Brancozzi – Rettore del Seminario e già referente nella nostra diocesi per la tutela dei minori e adulti vulnerabili – nominato da monsignor Arcivescovo responsabile del nuovo servizio per il periodo di un anno. Don Enrico sarà anche intervistato in diretta su Radio Fermo 1 Venerdì 24 alle ore 11

Don Enrico insieme alla grande responabilità che già stai vivendo come Rettore del Seminario, monsignor Arcivescovo ti ha scelto per supportarlo in un servizio molto delicato e del tutto nuovo – quello di responabile dello sportello per l’ascolto delle vittime di abusi – fortemente voluto da Papa Francesco per ogni diocesi del mondo attraverso il motu proprio Vos estis lux mundi. Quale pensi possa essere il talento specifico, il dono aggiunto, che questo servizio appena nato può conferire alla nostra Chiesa diocesana?

C’è un episodio che uno dei membri della commissione voluta da papa Francesco, padre Hans Zollner, cita in un suo volume che può dare un’idea di questo servizio. Un uomo tedesco ha incontrato il papa e gli ha regalato una cartolina con la Pietà di Michelangelo e piangendo, in presenza della moglie, ha detto grosso modo così: «Santità, Gesù anche nel momento della passione e della morte ha avuto accanto la madre, ha potuto piangere con lei. Quando io mi sono rivolto alla diocesi da cui proveniva il sacerdote che ha abusato di me, mi sono sentito trattato con freddezza, solo dal punto di vista legale, con una lettera giuridicamente ineccepibile, ma non ho sentito la Madre Chiesa al mio fianco. Mia Madre mi ha lasciato solo». Il papa gli ha risposto: «Può essere sicuro che guardando la cartolina penserò sempre a lei, alla sua tristezza, alla sua solitudine, alla sua rabbia». Credo che il dono aggiunto dello Sportello sia prima di tutto favorire questo tipo di ascolto. In secondo luogo lo Sportello deve offrire al vescovo gli elementi per intervenire sul responsabile, una volta accertati gli elementi di colpevolezza.

 

Stando al tuo ruolo di Rettore del Seminario – e dunque di educatore e formatore di potenziali futuri presbiteri – credi che ci possa essere una ricaduta positiva, un contatto e una sinergia possibile o addirittura auspicabile, tra queste due responsabilità che il vescovo ti ha affidato? Ovvero ritieni che il discernimento compiuto oggi sulle vocazioni possa essere arricchito e consolidato da quello che Papa Francesco definisce nel motu proprio come l’ascolto ‘delle amare lezioni del passato’ in materia di scandali e abusi perpetrati nella Chiesa dai suoi ministri?

È certamente auspicabile. Anche se di per sé sono due incarichi indipendenti, non si può negare che nel caso della pedofilia ci siano stati degli errori di valutazione e siano state ammesse al sacerdozio persone che invece avrebbero dovuto essere allontanate. Naturalmente questo non deve portare ad atteggiamenti puramente difensivi, ad un sospetto continuo, perché finiremmo per alimentare una sorta di caccia all’untore che non porterebbe lontano. Però occorre verificare con sempre maggiore incisività la maturità psicologica e affettiva dei candidati perché siano all’altezza della complessità del nostro tempo e sappiano sviluppare un atteggiamento di cura degli altri. Credo che per prendersi cura di una persona occorra essere maturi e liberi interiormente.

 

Ogni nuova responsabilità è sinonimo di investimento: di tempo, energie e impegno. Come vedi e immagini il tuo lavoro nel servizio di ascolto previsto dallo sportello: sarà un ministero vissuto in solitaria o verrai affiancato da una squadra di collaboratori? Nello specifico quali saranno le competenze che ognuno avrà in questa equipe?

Il papa ha chiesto alle diocesi di agire su due livelli. Il primo è aprire lo Sportello che dovrebbe offrire un ascolto immediato nel caso in cui ci siano episodi di abusi, ma che potrebbe non dover servire e restare inattivo. Lo Sportello dovrà fare in modo che non si ripetano gli errori del passato e che ogni caso accertato venga denunciato. Nello stesso tempo ha chiesto di creare una commissione di persone che affianchi lo Sportello e lavori nell’educazione, nell’informazione e nella prevenzione, cioè che sensibilizzi la Chiesa diocesana a vigilare sull’invito di Gesù: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10, 14). Le nostre parrocchie, gli oratori, le associazioni giovanili, i campi estivi sono occasioni di crescita enormi per i ragazzi. Se ripenso alla mia vita, devo molto a questi luoghi, come devo molto al seminario di Fermo e ai suoi formatori. Due settimane fa abbiamo salutato mons. Angelo Fagiani, vescovo emerito di Camerino, che era rettore quando io ho conosciuto il seminario: una figura unica per umanità e sensibilità. E come lui tanti altri. Non possiamo tollerare neppure l’ombra del sospetto che questi ambienti non siano sicuri.

 

Un’ultima domanda. Papa Francesco ha portato indubbiamento una ventata di rinnovamento nella Chiesa e per la Chiesa: nello stile, nella comunicazione, nell’annuncio del Vangelo all’uomo contemporaneo. Come teologo e studioso di ecclesiologia quale parola o concetto, nel testo del motu proprio Vos estis lux mundi, ti ha maggiormente colpito e dunque ritieni possa rappresentare un’ulteriore possibilità di svolta per la Chiesa oggi?

Mi sembra significativo il fatto che tutta la Chiesa sia coinvolta nel suo complesso. Proprio nell’introduzione, il papa scrive: «Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa». Ecco, il «tutti nella Chiesa» mi sembra importante perché rende l’idea che un corpo ferito soffre nella sua globalità e può risorgere solo nella sua interezza. Alessandro Manenti ha scritto che quando ci sono stati degli scandali nella Chiesa, si sono percorse sempre tre strade. La prima è quella della conversione e della penitenza. Giovanni Paolo II ha intrapreso una via del genere nel Giubileo del 2000. La seconda è quella di rinnovare le modalità di evangelizzazione e proprio qualche giorno fa è uscito un documento della Congregazione per il Clero che mi sembra vada in questa direzione. Poi c’è una terza via che è comprendere più a fondo la dottrina, cioè l’approfondimento della stessa fede. Se la Chiesa si ritrova appesantita da scandali al suo interno significa che non ha compreso la sua fede in modo approfondito o che la sua comprensione attuale non è più sufficiente. È una strada che chiama in causa la qualità del rapporto della Chiesa con il suo Signore. Credo che l’interazione di queste tre vie porterà frutti buoni.

 

“Nella Chiesa attualmente è cresciuta la consapevolezza di dovere non solo cercare di arginare gli abusi gravissimi con misure disciplinari e processi civili e canonici, ma anche affrontare con decisione il fenomeno sia all’interno sia all’esterno della Chiesa”.

Papa Francesco

 

 

 

 

A cura dell’ Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali

 

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