Dialoghiamo, a Fermo, sulla Procreazione Artificiale

18 Ottobre 2010

 

Sabato, 16 ottobre, Emilia Costantini ha presentato a Fermo il suo suggestivo romanzo Tu dentro di me, che affronta lo scabroso problema della maternità surrogata. Il momento attuale è estremamente favorevole per un franco dibattito sul tema della procreazione o fecondazione artificiale umana, e, di fatto, la presentazione affascinante del romanzo ha favorito l’aprirsi di un dialogo che continua ancora. Riproponiamo qui alcune riflessioni che abbiamo accennato all’interno di quell’incontro.

Prima di tutto è necessario tenere presente che l’uomo è natura e cultura, è scienza e etica. Gli interventi delle biotecnologie sui processi naturali sono una conquista positiva, anche nella medicina, anche nella genetica, anche nella procreazione umana. Ciò nella misura in cui l’uso delle biotecnologie rispetta e promuove la dignità specifica dell’uomo, la sua “humanitas”. Nella procreazione umana, l’introduzione della fecondazione artificiale (FIVET) è positiva quando il suo uso rientra nelle finalità terapeutiche, curative, di assistenza, di aiuto e sostegno al processo naturale umano del procreare. Quando invece il suo uso ha una finalità alterativa o sostitutiva dei processi naturali della procreazione umana, il suo uso diventa problematico dal punto di vista etico, poiché si può snaturare l’uomo e disumanizzarlo. E’ infatti fondamentale il rispetto dello specifico della procreazione umana, il cui luogo ottimale è che avvenga come espressione di amore e donazione reciproca coniugale all’interno della coppia. Più ci si allontana da questo luogo ottimale della procreazione umana, più negativo eticamente diventa l’uso della fecondazione artificiale. Si pensi alla prassi della maternità sostitutiva e dell’utero in affitto, alle gravidanze di donne sessantenni, alla fecondazione eterologa, alla fecondazione artificiale di donne nubili, al rischio della selezione eugenica, al facile passaggio dalla fecondazione artificiale alla clonazione umana.

Inoltre, nella procreazione umana è altrettanto fondamentale porre come primari i diritti del bambino, che è il suo frutto. Adottare metodi procreativi artificiali, che già in sé contengono la negazione del diritto del bambino ad avere una famiglia con una madre e un padre conosciuti e a lui vicini, significa prendere una strada che contiene già in sé la negazione di diritti fondamentali del bambino. Il desiderio della donna di avere un figlio è positivo, ma non equivale al diritto ad averlo con ogni mezzo.

Entra qui anche il dovere del rispetto dovuto all’embrione umano, che è essere umano e vita umana, e come tale deve essere rispettato anche nella fecondazione artificiale: questa però nella prassi attuale comporta la produzione di più embrioni, la cui sorte non si sa quale sia.

Non ultima entra anche un’altra riflessione. La diffusione non responsabile della prassi della fecondazione artificiale favorisce l’affermarsi della prospettiva che separa radicalmente la dimensione ludica dalla dimensione procreativa dell’uso della sessualità umana. E’ un problema etico e umano che la cultura attuale non deve sottovalutare.

 

 

Mons. Duilio Bonifazi

Direttore Ufficio Diocesano Cultura, Scuola ed Università

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