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La strada della morte è, in realtà, una via della speranza

Durante l'Udienza il Santo Padre riflette sulla Commemorazione dei defuntiDurante l'Udienza il Santo Padre riflette sulla Commemorazione dei defunti

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 2 novembre 2011 (ZENIT.org) – Nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti, durante l’odierna Udienza del mercoledì il Santo Padre ha rivolto il proprio pensiero al tema della morte.

La realtà della morte “per noi cristiani è illuminata dalla Risurrezione di Cristo, e per rinnovare la nostra fede nella vita eterna”, ha esordito Benedetto XVI. Infatti “nella comunione dei santi c’è uno stretto legame tra noi che camminiamo ancora su questa terra e tanti fratelli e sorelle che hanno già raggiunto l’eternità”, ha aggiunto il Pontefice.

Le tombe in cui sono custodite le spoglie dei nostri cari defunti sono “quasi uno specchio del loro mondo”, ha osservato il Santo Padre. Ed è proprio davanti al mistero della morte che “tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro”.

Sebbene si tratti di un tema “quasi proibito nella nostra società”, il Papa ha ribadito che la strada della morte, in realtà, “è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe è compiere un cammino segnato dalla speranza di eternità”.

La paura della morte, ha detto il Santo Padre, nasce essenzialmente dalla “paura del nulla” e dell’“ignoto”. L’uomo prova angoscia e rifiuto dinnanzi all’idea che “tutto ciò che di bello e di grande è stato realizzato durante un’intera esistenza, venga improvvisamente cancellato, cada nell’abisso del nulla. Soprattutto noi sentiamo che l’amore richiama e chiede eternità e non è possibile accettare che esso venga distrutto dalla morte in un solo momento”.

L’angoscia dinnanzi alla morte, poi, si accompagna da sempre, in modo più o meno esplicito, alla preoccupazione per il giudizio finale e a tal proposito il papa ha osservato che “in un certo senso i gesti di affetto, di amore che circondano il defunto, sono un modo per proteggerlo nella convinzione che essi non rimangano senza effetto sul giudizio”.

L’altro atteggiamento secolarista sottolineato dal Santo Padre è la pretesa di affrontare la morte “con i criteri della scienza sperimentale”, non partendo dalla fede ma “da conoscenze sperimentabili, empiriche”. Questo tipo di mentalità conduce a “forme di spiritismo”, e all’illusione che, sperimentando una qualche forma di contatto con l’aldilà, si scopra “una realtà che, alla fine, sarebbe una copia di quella presente”.

“L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio – ha proseguito il Papa -. E noi sappiamo che Dio è uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, è entrato nella nostra vita e ci dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno» (Gv 11,25-26)”.

Così Cristo “nel supremo atto di amore della Croce, immergendosi nell’abisso della morte, l’ha vinta, è risorto ed ha aperto anche a noi le porte dell’eternità”.

Il Santo Padre ha poi concluso con le seguenti parole: “E nel recarci ai cimiteri a pregare con affetto e con amore per i nostri defunti, siamo invitati, ancora una volta, a rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa grande speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente non c’è il nulla. E proprio la fede nella vita eterna dà al cristiano il coraggio di amare ancora più intensamente questa nostra terra e di lavorare per costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza”.

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