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Il vescovo Angelelli sempre più amato nella 'sua' Montegiorgio
Con una serie di iniziative iniziate un anno fa, Montegiorgio e il Fermano hanno scoperto la figura del Beato Mons. Enrique Angelelli, vescovo argentino, assassinato dalla giunta militare al potere nel 1976 per la sua azione evangelica accanto alle fasce più povere della popolazione.
Seppure nato in Argentina e mai stato a Montegiorgio, aveva qui le proprie radici perché figlio di un montegiorgese, Giovanni Angelelli, emigrato a 15 anni, e di Celina Carletti, originaria di Cingoli.
Angelelli fu un vescovo attivo nel Concilio Vaticano II, uno degli estensori e primi firmatari del “Patto delle catacombe”. È stato in Argentina uno dei promotori della Teologia del Popolo che privilegia un approccio storico-culturale della realtà mettendo al centro della propria riflessione i poveri, ma evitando le secche dell’interpretazione socio-economica marxista propria di alcune frange della Teologia della Liberazione.
Papa Francesco si richiamerà esattamente a questa “Teologia del popolo”. A partire dalla quale Angelelli sviluppa una proposta per una lotta popolare nonviolenta e con il suo contributo sostanzioso nasce il “Manifesto del sacerdoti del Terzo Mondo” che verrà firmato dal 10% dei preti argentini.
Un forte richiamo alla Chiesa perché sia povera e schierata accanto agli ultimi. Angelelli diventa sempre più un riferimento per le lotte del movimento operaio e nel 1968 viene nominato vescovo di La Rioja, una delle zone più disagiate ed arretrate del paese, all’estremo nord, ai piedi delle Ande e al confine con il Cile. Richiamandosi al Concilio chiuso tre anni prima, organizza la diocesi secondo uno stile di chiesa basato sulla partecipazione e responsabilità di tutti. Nella sua attività pastorale promuove la nascita di associazioni e cooperative di contadini suscitando la feroce opposizione dei proprietari terrieri, che cominciano ad accusarlo di essere un comunista. Ma anche all’interno della Chiesa argentina Angelelli trova molta opposizione da parte di un mondo cristiano che appoggia il potere, ma lui ha però il sostegno dell’allora superiore dei gesuiti, Mons. Jorge Mario Bergoglio. Nel 1974 viene diffusa una lista di persone sovversive da eliminare, il primo è Angelelli.
Il 24 marzo del 1976, con un colpo di stato, i militari assumono il potere con il generale Jorge Rafael Videla.
Angelelli alza ancora più forte la sua voce per denunciare la brutalità e la violenza della repressione militare. Il 4 agosto del 1976, di ritorno da una messa celebrata in una cittadina in ricordo di due sacerdoti assassinati qualche giorno prima, Angelelli muore violentemente in uno strano “incidente stradale”, che viene assunto come interpretazione ufficiale, per mettere a tacere le voci che lo volevano invece vittima di un assassinio. Solo nel 1986 ci sarà una sentenza che definirà la morte come “un omicidio freddamente pianificato”; ma i militari ritenuti responsabili non verranno toccati potendo beneficiare di un indulto. Venti anni dopo, nel 2006 si riaprirà il processo e questa volta la Chiesa si presenta come parte querelante.
La nuova sentenza sarà emessa solo nel 2014, quando verranno condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio del vescovo. Nel frattempo si apre la strada anche per un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa di questo “assassinio” come “martirio” e nel 2015 viene avviata la causa di beatificazione per Mons. Angelelli che l’8 giugno 2018 papa Francesco riconoscerà come “martire” insieme ad altre tre persone della sua diocesi anche esse assassinate dal potere per le stesse motivazioni evangeliche della scelta di stare da parte dei poveri.
Franco Pignotti (Associazione Missionaria Aloe)
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