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L'Angolo della Spiritualità

San Paolo della Croce

San Paolo della CroceCatechesi a cura di padre Roberto Cecconi

S. Paolo della Croce: chiamata a una grande missione

 

Paolo Francesco Danei, successivamente della Croce, nasce sul levar del sole ad Ovada (Al) il 03/01/1694 e muore a Roma il 18/10/1775. Il nome di Battesimo, conferitogli il 06/01/1964, lascia già trasparire il suo programma di vita: innamorato di Cristo crocifisso e predicatore infaticabile sulla scia di S. Paolo Apostolo e S. Francesco d’Assisi. È il primo dei sei figli, su 16 nati, che sopravvivono alla mortalità infantile. Alto m. 1,75, risulta essere di forte costituzione, motivo per il quale, nonostante una vita molto penitente e gli attacchi di varie malattie, giunge a quasi 82 anni di età, mentre all’epoca la media della vita si aggira sui 35/40 anni. Vive una parte importante della vita sul promontorio dell’Argentario (GR), che forma lo “Stato dei Presidi”, una piazzaforte militare di prim’ordine, contesa tra Spagnoli e Austriaci. Vede quattro guerre e spesso vi è coinvolto, esercitandovi la sua eroica carità.

            Così lo descrive il suo primo biografo, S. Vincenzo M. Strambi: “Fu di presenza grave e maestosa. Amabile. Alto di statura. Di volto sereno e naturalmente modesto. Di occhio vivo e sereno. Di fronte elevata e spaziosa. Di voce chiara, sonora e penetrante. Di maniere piene di affabilità e rispetto. Il suo temperamento era sanguigno ed assai sensibile”. Per questo carattere, sente fortemente ogni avvenimento gioioso o doloroso ed è esposto a molte sofferenze. È nota a tutti la sua affabilità, la gentilezza nel trattare con garbo ogni persona. Viene chiamato dai confratelli “la mamma della comunità”. Unisce grande prudenza e una grande tenacia nel compiere quanto deciso.

 

La formazione nella famiglia

            Nella sua formazione è rilevante l’influsso dell’ambiente familiare, in cui i genitori, Luca (+ 1727) e Anna Maria Massari (+ 1746), danno esempio di una grande fede in Dio e di una sincera devozione a Gesù Crocifisso, da cui attingono il coraggio per una dedizione senza limiti ai figli. Per tanti anni Paolo aiuta il babbo nel commercio, unica fonte di sostentamento per la famiglia. Intraprende a questo scopo anche molti viaggi.

La mamma ha segnato in un modo unico la formazione di Paolo. A questo proposito ci vengono in aiuto alcune testimonianze, le quali gettano della luce sui lineamenti che questa mamma di giorno in giorno traccia sul volto dei figli. Sappiamo, ad esempio, che essa legge e conosce bene le vite dei personaggi che vivevano nel deserto nei primi secoli dell’era cristiana. Spesso e volentieri le racconta ai figli al posto delle fiabe, anche a mo’ di ninnananna. Rievoca loro il grande desiderio di Dio che caratterizzava questi personaggi, desiderio che li portava a cercare luoghi solitari, dove l’eco delle attività umane si affievolisce perché possa emergere la Parola del Signore; racconta delle loro penitenze per eliminare dalla propria vita tutto ciò che impedisce all’amore di Dio di portare frutto abbondante. Paolo dunque sin da bambino porta nel cuore le peripezie che contraddistinguono gli anacoreti del deserto e non possiamo dubitare del fatto che il grande amore da lui nutrito per il silenzio, la solitudine e la penitenza abbia trovato le sua radici proprio tra le braccia della mamma. Un’altra testimonianza ci parla della devozione di Anna Maria alla Passione di Gesù. Questo amore a Gesù crocifisso non manca di essere trasmesso ai figli costantemente, in modo particolare quando fanno i capricci. Si racconta, ad esempio, che quando Paolo strilla a motivo del pettine che la mamma passa sulla sua folta capigliatura, Anna Maria additi il Crocifisso come esempio di pazienza nei momenti dolorosi. Non possiamo dubitare che anche questo tratto della mamma di S. Paolo della Croce abbia fortemente influito sulla sua personalità.

            Sempre restando nell’ambito della formazione umana e spirituale di Paolo, non dobbiamo dimenticare il ruolo svolto a questo proposito dalla confraternite, che raccoglievano i laici migliori e li impegnavano nella vita di fede e nelle opere di carità. Paolo della Croce diventa ben presto priore della confraternita di S. Antonio, che si trova vicino alla sua casa di Ovada. Vi si reca nei giorni di festa per fare un’esortazione ai propri confratelli, mentre nel pomeriggio, sempre nella medesima chiesa, fa catechismo ai fanciulli.

            Per ciò che riguarda gli studi dobbiamo dire che vi si dedica secondo le possibilità che gli offrono i continui spostamenti della famiglia. Dotato di buona memoria e ottima intelligenza, riesce a farsi una buona cultura generale e teologica.

 

Una conversione speciale

            Nel 1713 Paolo, all’età di circa vent’anni, ascoltando un discorso del parroco, resta talmente folgorato interiormente dalla grandezza e dall’amabilità di Dio da vedere in modo totalmente nuovo la sua esistenza. Riceve il dono di una contrizione così grande dei suoi peccati da fare, con lo stesso parroco, una confessione generale della sua vita, battendosi il petto con una pietra e proponendo di “darsi ad una vita santa e perfetta”. In questa occasione Paolo parla di “conversione”. Va sottolineato che mai Paolo, fino a questo momento, è vissuto fuori della grazia di Dio. Tuttavia la nuova luce che inonda il suo cuore lo porta a vedere in un modalità rinnovata tutta la sua storia. Questo momento è importante nella vita di Paolo perché da ora il Signore diventa il suo “Tutto”.

In questo contesto sperimenta sempre più la bellezza dell’intimità divina. Fa la confessione e la comunione, di cui è letteralmente affamato, tre volte la settimana, mentre la preghiera lo rapisce fino al punto che non se ne staccherebbe mai. In modo del tutto particolare ama fare la meditazione sulla vita e sulla Passione di Gesù. Lo stupore dinanzi all’infinito amore di Dio, manifestatosi nell’incarnazione e nel dono che Gesù ha fatto della propria vita per noi, arriva fino alle lacrime. Non mancano tuttavia anche momenti in cui il Signore gli lascia intuire quanto dovrà soffrire per il suo nome.

Un altro frutto di questa “conversione” è quello di un grande odio al peccato. In seguito Paolo confiderà a Rosa Calabresi che, dal momento in cui ha iniziato a conoscere veramente il suo Dio, non ha commesso nessun peccato deliberatamente. Questo ovviamente non significa tanto che S. Paolo della Croce diventa improvvisamente un uomo perfetto, svestendosi della propria umanità, quanto che agisce sempre secondo retta intenzione, cioè per il bene.

Non va però dimenticato un altro aspetto importante che caratterizza questo periodo: le tentazioni contro la fede.

 

Quale Crociata?

            In questo clima così particolare, Paolo decide di partire per l’ultima crociata, quella a cui invita Clemente XI nel 1715 per sostenere Venezia nella sua guerra contro i Turchi, autentica minaccia per l’occidente cristiano. Paolo è spinto dall’idea di entrare nel vivo della storia a difesa della fede e della Chiesa, nella prospettiva di un eventuale martirio. Forse pensa che questo è quello che intendeva il Signore quando gli lasciava presagire i patimenti che avrebbe sofferto per il suo nome. Giunto però a Crema resta colpito negativamente dai suoi commilitoni, che partono solo in cerca di avventura. Il 20 febbraio del 1716, mentre si trova in adorazione davanti al SS. Sacramento, capisce che non è quella la battaglia che deve combattere. Torna a casa e riprende a lavorare con il padre, impegnato nel commercio di cordame, stoffe e tabacco, senza tuttavia perdere mai la profonda comunione con Dio che ormai caratterizza la sua vita.

            Intorno al 1717 nasce nel cuore di Paolo il desiderio della solitudine. Ascoltiamo dalla sua testimonianza come questa scintilla si sia accesa nel suo animo: “passando per la Riviera di Genova verso Ponente vidi una piccola chiesa in un monte sopra Sestri detta la Madonna SS.ma del Gazzo, e nel vederla mi sentii mosso il cuore al desiderio di quella solitudine” (L. IV, 217). Paolo tuttavia non può ritirarsi perché deve continuare a lavorare con il padre a beneficio della sua famiglia. Egli tiene tuttavia questo desiderio nel cuore. Ascoltiamo dalla sua stessa parola: “Dopo qualche tempo […] restai, ma con più veemente ispirazione di ritirarmi in solitudine, e queste ispirazioni il mio caro Iddio me le dava con molta soavità di cuore” (L. IV, 217).

            In questo contesto sorge nell’intimo di Paolo il desiderio di abbracciare una vita povera e penitente. Ascoltiamolo: “Ora in questo tempo mi venne lume di portare una povera tonica nera d’arbagio, che è della più ordinaria lana che si trovi in questi paesi, ed andare scalzo, vivere con altissima povertà, insomma con la grazia di Dio fare vita penitente” (L. IV, 217).

            Successivamente, Paolo sente germogliare in lui il desiderio della vita fraterna. Ecco la sua testimonianza: “[In seguito] mi venne un’altra ispirazione di radunare compagni per stare poi unito assieme per promuovere nelle anime il santo timore di Dio” (L. IV, 218).

 

Una illuminazione eccezionale

            Nell’estate del 1720, riceve l’ispirazione che dà una svolta importantissima alla sua vita. Ascoltiamola da lui stesso: “Quest’estate passata in giorno feriale feci indegnamente la comunione nella chiesa dei cappuccini di Castellazzo, e mi ricordo che fui molto raccolto, dopo partii per andarmene a casa, e per la strada andavo raccolto come in orazione; quando fui in una strada per voltare verso casa, fui elevato in Dio con altissimo raccoglimento, con scordamento di tutto e grandissima soavità interiore; ed in questo tempo mi vidi in spirito vestito di nero sino a terra, con una croce bianca in petto e sotto la croce avevo scritto il Nome SS.mo di Gesù in lettere bianche, ed in questo istante mi sentii dire queste istesse parole: Questo in segno di quanto debba essere puro e candido quel cuore, che deve portare scolpito il Nome SS. mo di Gesù (L. IV, 218).

            A questo punto il Signore infonde nel cuore di Paolo il desiderio di fondare una nuova Congregazione: “dopo queste visioni della s. tonaca con il ss.mo segno, mi ha dato Iddio maggior desiderio ed impulso di congregare compagni, e con la permissione di santa madre Chiesa fondare una Congregazione intitolata: I poveri di Gesù. Dopo di ciò il mio Dio m’ha fatta restare infusa nello spirito la forma della Regola santa da osservarsi dai poveri di Gesù e da me” (L. IV, 219).

            Nelle Regole dei Poveri di Gesù, S. Paolo della Croce specifica che i religiosi della Congregazione portano l’abito nero per ricordare la grandezza dell’amore di Dio manifestatosi nella morte di Gesù. Prima di bruciare buona parte delle prime Regole, Paolo confida ai suoi religiosi che nelle illuminazioni che hanno fatto seguito a quella dell’estate 1720 il segno da portare sulla tonaca reca la scritta Christi Passio. Ecco delineata l’identità propria della Congregazione fondata da S. Paolo della Croce.

 

 

P. Roberto Cecconi CP

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