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L'Angolo della Spiritualità

Dono ed esigenze dell'amore coniugale

Sacramento del MatrimonioPubblichiamo le due ultime catechesi mensili sul Sacramento del Matrimonio di Padre Alberto Pierangioli, passionista di Morrovalle

La comunione matrimoniale, dono dello Spirito

Con il battesimo, ogni uomo e donna fa parte dell’alleanza sponsale di Cristo con la chiesa, che è il suo corpo mistico. Con il sacramento del matrimonio, anche la comunione di vita e di amore degli sposi fa parte, come coppia, dell’amore sponsale del Cristo. Gli sposi sono uniti in modo indissolubile tra loro e con Cristo; la loro unione rappresenta l’unione del Figlio di Dio con la natura umana e con la chiesa. Come ogni sacramento, il matrimonio è via alla salvezza. L’amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona: richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà. Esso conduce non solo alla unione in una sola carne, ma anche a essere un cuor solo e un’anima sola..

La comunione matrimoniale ha in sé qualcosa di così intimo e profondo che non si può ridurre solo all’aspetto sessuale e affettivo ma abbraccia tutta la persona nella sua relazione, nei suoi progetti, nel cuore, nell’intelligenza e nella volontà. L’esperienza umana e psicologica ci dice che quando ci si innamora di una persona la si vorrebbe per sempre. Sono le caratteristiche di ogni amore coniugale naturale, ma con un significato cristiano nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma le eleva al punto di farne valori propriamente cristiani.

Lo Spirito santo effuso dal sacramento offre agli sposi cristiani il dono di una nuova comunione d’amore, che è immagine viva e reale di quella unità, che fa della chiesa il corpo mistico di Cristo. Lo Spirito opera perché i coniugi crescano ogni giorno verso una unione sempre più piena a tutti i livelli - dei corpi, dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze, delle volontà e delle anime -, rivelando così a tutti la nuova comunione d’amore, dono della grazia di Cristo.

La famiglia che ne nasce, fondata sull’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è vivere fedelmente la comunione d’amore: senza l’amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi, essere una comunità di persone.

 

Unione coniugale: è unità, fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita

Gli sposi cristiani sono chiamati a crescere continuamente nella loro unione con l’unità, un solo uomo e una sola donna, con la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale, con l’indissolubilità, per sempre. La comunione coniugale affonda le sue radici nella complementarietà naturale che esiste tra l’uomo e la donna e si alimenta con la volontà degli sposi di condividere l’intero progetto di vita, ciò che sono e ciò che hanno. É il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica, la eleva, e la perfeziona col sacramento del matrimonio. La chiesa riafferma con forza la verità di questi valori a quanti ritengono impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a quanti seguono una cultura che rifiuta e deride questi valori. Dio vuole e dona una unione indissolubile come frutto, segno ed esigenza dell’amore fedele che Dio ha per l’uomo e che Gesù vive verso la sua chiesa. Cristo con il sacramento del matrimonio offre un "cuore nuovo" ai coniugi per superare la "durezza del cuore" (Mt 19,8) e condividere l’amore pieno di Cristo. Questa verità, non sempre chiarissima, deve portare a vedere il matrimonio non soltanto come frutto della libera scelta dell’uomo ma anche come “vocazione” da Dio, “segno e testimonianza” del suo amore fedele (cfr. CCC 1647), obbedienza alla sua volontà: “Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”, ha detto il Signore (Mt 19,6).

La chiesa loda e incoraggia le coppie che, in mezzo a tante difficoltà, conservano il bene dell’unità, della fedeltà, dell’indissolubilità e dell’apertura alla vita, assolvono la missione loro affidata da Dio di essere un “segno” prezioso della fedeltà con cui Dio e Gesù Cristo amano ogni uomo e tutti gli uomini.

Essa riconosce anche il valore della testimonianza di quei coniugi che, abbandonati dal partner, con la forza della fede e della speranza cristiana, rimangono fedeli alla promessa fatta davanti a Dio. Grazie a Dio, abbiamo più di un esempio nei nostri gruppi.

 

Dai valori perenni ai problemi attuali del matrimonio

I valori cristiani del matrimonio sono frutto di un amore vero: amare per sempre la persona scelta, amare solo lei, generare insieme dei figli, come frutto di amore, con paternità e maternità responsabile, educandoli ai valori della vita cristiana. L’apertura alla vita è oggi un messaggio controcorrente per l’egoismo imperante, ma senza questa apertura, il matrimonio cristiano non esiste più perché rinuncia a collaborare con Dio nella creazione di nuove vite ed impedisce al matrimonio di godere di uno dei suoi beni più grandi (CCC 1652).

Questa collaborazione non si esplicita solo con la procreazione ma anche con l’educazione: trasmettere “i valori e la fede” è il primo compito della famiglia, è donare la vita spirituale, il mistero dell’amore di Dio per noi (CCC 1653). Il genitore diventa “testimone” perché sa rendere ragione della speranza che sostiene la sua vita (1 Pt 3,15). Ecco perché l’apertura alla vita non passa solo attraverso la generazione dei figli ma passa anche attraverso l’accoglienza, la carità (CCC 1654), l’affido e l’adozione. Essa si approfondisce mediante la fede comune e l'Eucaristia ricevuta insieme.

Esistono tuttavia situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano però di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata a sostenere le persone che hanno sperimentato il fallimento del matrimonio, ad aiutarli a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile (F.C. 83; CJC, 1151-1155]. I separati fanno parte della Chiesa, vanno accolti con carità ed aiutati, per quanto è possibile, a trasmettere la fede ai propri figli.

Oggi molti cattolici ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa non può riconoscere come valida la nuova unione, se era valido il primo matrimonio, per la fedeltà alla parola chiara di Gesù: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio" (Mc 10,11-12). I divorziati risposati civilmente o che semplicemente convivono con altra persona, si trovano in una situazione che contrasta con la legge di Dio. Perciò non possono ricevere la Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe uffici ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo e si impegnano a vivere la nuova situazione in una completa continenza.

Il divorzio è contrario alla verità dell’amore coniugale (cfr. CCC 1650), come l’aborto è la negazione della gioia della trasmissione della vita, condannato gravemente dalla chiesa (CJC 1398).

Contro questa cultura di morte è importante l’impegno degli sposi cristiani e il sostegno della pastorale familiare della chiesa che richiede che non si frequenti solo il corso di preparazione al matrimonio, ma che le coppie siano sempre seguite e le stesse famiglie si colleghino tra loro per sostenersi nel cammino della vita e della fede.

Sacerdoti e fedeli devono dare prova di grande sollecitudine nei confronti dei cristiani che vivono in queste situazioni e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i figli, aiutandoli a non sentirsi separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati: siano aiutati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare la Messa, a perseverare nella preghiera, a partecipare alle opere di carità e alle iniziative in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia e il perdono di Dio [F. C. 84].

I pastori devono anche discernere le varie situazioni. C’è infatti differenza tra quanti si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati dal coniuge e quanti per loro colpa hanno distrutto un matrimonio valido.

La chiesa professa la sua fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso i suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal coniuge legittimo. Essa crede che anche quanti si sono allontanati dalla legge di Dio, possano ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, perseverando nella fede e nella penitenza .

 

Conclusione

Legarsi per tutta la vita ad un essere umano, può essere difficile (CCC 1648) ma è un “dono di Dio” da approfondire, difendere e “ravvivare continuamente” (2 Timoteo 1,5-6).

Ravvivare significa riaccendere, come si fa per il fuoco sotto la cenere: non trascurare la Parola, la preghiera, la confessione, l’eucaristia (cfr. CCC 1644) e anche cercare l’appoggio della comunità cristiana (CCC 1648).

Questo “ravvivare” è affidato all’impegno e alla responsabilità della coppia, ma è anzitutto frutto della grazia, che è dono di Dio. Come a dire che è Dio stesso a ravvivare il suo dono. A noi è chiesto di non stancarci e di invocarlo continuamente nella preghiera: “Signore, accresci in noi la fede”! (Luca 17,5).

 

 

 

 

 

 

IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO: GRAZIA E IMPEGNI

Maggio (CCC n. 1638-54)

I sacramenti e la grazia che donano

Nella catechesi di aprile abbiamo parlato del Matrimonio cristiano alla luce del sacramento dato da Dio agli sposi cristiani, per aiutarli a vivere il loro Matrimonio secondo il progetto di Dio, nonostante la debolezza umana. É un argomento tanto importante che ho pensato di completarlo con una seconda catechesi, perché spesso la grazia del sacramento viene ignorata o non capita nella sua importanza: questa è una delle cause del fallimento anche di tanti matrimoni celebrati in chiesa.

“I sacramenti sono segni efficaci della grazia istituiti da Gesù Cristo per santificarci” (CJC n. 840). I sacramenti non solo “significano la grazia” (segni) ma “la donano realmente” (efficaci), non in un solo momento della vita, cioè nella celebrazione del rito, ma la donano per tutta la vita, segnano l’inizio di un nuovo cammino umano e cristiano, da vivere con la grazia del sacramento ricevuto. Come il battezzato deve vivere il battesimo ogni giorno, così gli sposi devono vivere nella verità del sacramento per tutta la vita (CCC 519-521).

La Chiesa è convinta che solo vivendo il vangelo e la grazia del sacramento si guarisce dalle ferite del peccato e si vive il Matrimonio secondo il progetto di Dio (cfr. FC n. 13). É in Gesù che l’amore umano degli sposi viene consacrato, perfezionato e rafforzato, perché Lui è la sorgente della grazia data con il sacramento del Matrimonio (CCC 1638, 1641-42).

Questa grazia consacra l’amore dei coniugi, rende sacra, cioè santa la loro unione, la perfeziona, la rafforza e la rende indissolubile. In virtù di questa grazia i coniugi si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale, nella loro unione e nell'accettazione e nell'educazione dei figli. Questo ci fa capire anche l’insegnamento di S. Paolo della Croce a Tommaso Fossi, padre di 8 figli, che sognava di lasciare la famiglia, d’accordo con la moglie, per consacrasi a Dio. Il santo gli ricorda che può e deve santificarsi nel Matrimonio, perché gli sposi cristiani sono chiamati alla santità, come tutti i cristiani, ma nella loro specifica vocazione di coniugi (CCC 1641). Questo spiega perché il papa nel dichiarare santi o beati alcune coppie, ha stabilito la loro festa nel giorno anniversario del loro Matrimonio, per proclamare che si sono santificati proprio per mezzo del loro Matrimonio. Il consenso, mediante il quale gli sposi si donano e si ricevono a vicenda, è suggellato da Dio stesso. La grazia del sacramento perfeziona l'amore dei coniugi, rafforza la loro unione indissolubile e li aiuta a raggiungere la santità nella vita coniugale (LG 11). Questo avviene nella misura con cui si sta con Cristo.

Cristo è la sorgente di questa grazia. Egli viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del Matrimonio, rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo portando la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri, di essere "sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Ef 5,21) e di amarsi di un amore naturale e soprannaturale, delicato e fecondo, unico e per sempre.

 

Unità e indissolubilità

L’unità e l’indissolubilità del Matrimonio riceve dal sacramento “una particolare stabilità” (CJC 1134), perché mette in gioco Dio stesso e diventa segno dell’amore di Dio (CCC 1639). Questo è quel valore aggiunto che manca al Matrimonio civile, che però rimane comunque l’istituzione fondamentale e fondante della società. Questo dà agli sposi un loro ruolo nella chiesa e nella costruzione del Regno di Dio. Non sono cioè semplicemente laici: sono laici sposati nel Signore, prescelti per una particolare missione, perciò non solo ricevono l’amore di Cristo diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando così comunità salvante” (FC n. 49), incominciando dalla loro relazione e dalla trasmissione della fede ai figli (cfr CCC 1641).

Il vincolo matrimoniale è stabilito da Dio stesso, per questo il Matrimonio cristiano, validamente celebrato e consumato, non potrà mai essere sciolto. Questo vincolo, che risulta dall'atto umano libero degli sposi, il «SI’» e dalla consumazione del Matrimonio, è una realtà irrevocabile e dà origine ad un'alleanza garantita dalla fedeltà di Dio. Non è in potere della Chiesa cambiare questa disposizione che viene da Dio [CJC 1141]. Nella relazione degli sposi si è messo in gioco Dio stesso che non solo l’approva ma l’assume come segno del suo amore e della sua alleanza. Come Dio non viene meno al suo amore e alla sua alleanza, così deve essere il Matrimonio cristiano. Gesù conosce la fragilità dell’uomo e per questo, con il sacramento “viene incontro ai coniugi cristiani. Rimane con loro e da loro la forza di seguirlo” (CCC 1642).

"L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona: richiamo del corpo e dell'istinto, forza dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà. Esso mira a una unità profonda e personale, che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce ad avere un cuore solo e un'anima sola; esige   l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca e definitiva e si apre alla fecondità.

 Si tratta di caratteristiche di ogni vero amore coniugale, ma con un significato nuovo che le purifica, le consolida e le eleva al punto da farne valori propriamente cristiani" (FC, 13].

Anche l'unità del Matrimonio, un solo uomo e una sola donna, appare chiara dalla uguale dignità dell'uomo e della donna. La poligamia è contraria a questa pari dignità e all'amore coniugale che è unico ed esclusivo (FC, 19].

La fedeltà dell'amore coniugale e la fecondità

L'amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà inviolabile. Il dono di se stessi che gli sposi si fanno l'uno all'altro non può essere “ad tempus, fino a nuovo ordine”. “La mutua donazione di due persone e il bene dei figli esigono la fedeltà piena e senza termine dei coniugi (GS, 48). L'indissolubilità, l’unità, la fedeltà del Matrimonio ricevono un senso nuovo e più profondo dal Sacramento, come la fedeltà di Dio alla sua alleanza e di Cristo alla sua Chiesa (CCC 1641).

Può sembrare difficile, persino impossibile, legarsi per tutta la vita a un essere umano. Perciò è necessario ricordare agli sposi che sono partecipi dell’amore irreversibile di Dio che li conduce e li sostiene, e che con la loro fedeltà devono essere i testimoni dell'amore fedele di Dio. (CCC 1648; FC, 20).

Esistono tuttavia situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per varie ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione, ma nn fine del matrimonio: i coniugi rimangono marito e moglie davanti a Dio e non possono contrarre una nuova unione. La comunità cristiana deve aiutarli a vivere da cristiani questa situazione tanto dolorosa (CCC 1649).

Oggi molti cattolici ricorrono al divorzio e contraggono una nuova unione, secondo le leggi civili. La Chiesa, per la fedeltà a Cristo, non può riconoscere valida la nuova unione, se era valido il primo Matrimonio. Se i divorziati si risposano, sono in contrasto con la legge di Dio e perciò non possono ricevere la Comunione eucaristica e non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione può essere accordata solo a coloro che si sono pentiti e si impegnano a vivere in una completa continenza (CCC 1650). I cristiani devono essere vicini a coloro che si trovano in questa difficile situazione per aiutarli a conservare la fede, ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio  (CCC 1651; FC, 84).

Quando una unione viene mano, si può sottomettere al giudizio della Chiesa la validità del primo matrimonio. La Chiesa non può annullare mai un vero matrimonio. Dichiara nullo un matrimonio al quale nella celebrazione è mancato qualche elemento essenziale da parte dei due coniugi o anche di uno solo di essi.

 

Il Matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione dei figli, come il loro coronamento. Lo stesso Creatore disse: "Crescete e moltiplicatevi" (Gen 1,28). I coniugi cooperano con responsabilità con il Creatore, che si serve di loro per donare la vita e dilatare la sua famiglia (CCC 1652).

La fecondità dell'amore coniugale si estende ai frutti della vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori trasmettono ai loro figli attraverso l'educazione. I genitori sono i primi e principali educatori dei loro figli.

Il compito fondamentale del Matrimonio e della famiglia è di essere al servizio della vita (CCC 1653).

I coniugi ai quali Dio non ha concesso il dono dei figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso se il loro Matrimonio risplende di una fecondità di carità, di accoglienza e di sacrificio (CCC 1654).

 

Conclusione

Il Matrimonio è un grande dono di Dio, è una grande vocazione e missione; come tale, non mancano prove e sacrifici. Ma le gioie dell’amore di due coniugi e della vita familiare che Dio concede loro, fin da quaggiù, diventano un segno e “una pregustazione del banchetto delle nozze dell’Agnello” (CCC 1642). In altre parole gli sposi cristiani quasi anticipano, nell’amore in Cristo, quella comunione di cuori che si avrà pienamente solo nel regno di Dio. Concludo con le parole di Tertulliano, uno scrittore cristiano del secondo secolo, che descrive in modo veramente bello il Matrimonio cristiano, in un libro dedicato alla moglie:

Come sarò capace di esporre la felicità di quel Matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e il Padre celeste ratifica? Quale giogo quello di due fedeli uniti in un'unica speranza, in un unico desiderio, in un'unica osservanza, in un unico servizio! Entrambi sono figli dello stesso Padre, servi dello stesso Signore; non vi è nessuna divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi, sono veramente due in una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito. Vedendo e sentendo questo, Cristo gioisce e ai due sposi manda la sua pace. Là dove sono i due ivi è anche Cristo” (Tertulliano, Ad uxorem, 2, 9).

 

 

P. Alberto Pierangioli

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